Sono seduta a un tavolino
del Caffè Bardolino, con davanti un cappuccino rigorosamente cosparso di
polvere di cacao – la chiamo la mia coccola – e un libro in mano. Ho deciso di
prendermi una pausa e di non scrivere. Questa domenica mattina la voglio utilizzare
per rilassarmi quindi ho lasciato l’astuccio a casa.
Così ho dovuto chiedere
una penna alla cameriera! Sì, perché a un certo punto della pagina che sto
leggendo ecco, in una frase anche abbastanza lunga, cinque parole che catturano
la mia attenzione: …fiamme di un dolore antico.
Parole magnifiche,
straordinarie (Il libro è “Aspettami fino all’ultima pagina” di Sofìa Rhei) che
mi entrano dentro e mi catturano. E mi portano a riflettere collegandomi alle
pieghe della mia interiorità per scandagliare, indagare. E queste attività le
faccio regolarmente, da anni. Forse troppo regolarmente. E l’autrice ha ragione
nel rimarcare che si tratta di un dolore antico. In realtà lo sto dicendo io
nel senso che non è quello il contesto della trama, ma di dolore antico so
qualcosa: è quando ti trovi a ricollegarti con un pensiero che fa ancora
sanguinare la tua anima nonostante sia trascorso tanto tempo. Mi sono fermata,
ho chiuso il libro e mi sono chiesta che cosa mi può aiutare a lenire quel
dolore antico. Che cosa può soffocare le fiamme che bruciano? Per me è la
scrittura e in secondo luogo la lettura. Ho sempre usato la scrittura per
superare momenti difficili, immergendomi in racconti o romanzi che mi aiutano a
bypassare le emozioni forti che pesano addosso come una corazza che posso
togliere e lasciare di lato mentre vivo un’emozione diversa data appunto dal
mio lavoro di scrittrice. “Fiamme di un dolore antico” mi ha riportato davanti,
come un riflesso in uno specchio dorato, l’importanza che ha per me la scrittura.
Chissà, magari userò queste parole come titolo per un racconto breve, ma lo
potete fare anche voi.
Mi piacerebbe leggerli.
A presto
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