Forse
questo termine potrebbe spaventare e far pensare a scene di streghe e stregoni che
volteggiano per richiamare presenze misteriose e malefiche da un mondo
sconosciuto e terrificante.
No!
Non intendo questo quando uso il termine “evoco”,
ma un processo di recupero. Sì, credo si possa definire così.
Dentro
di noi abbiamo un mondo magnifico
che danza sulle note della nostra interiorità e di una musica che proviene
dalla nostra origine. Non voglio dilungarmi su questo, anche se ci sarebbe da
scrivere un poema finendo per dipingere dei nastri di Luce che ci accompagnano
fin dalla nascita collegandoci a…(ognuno inserisca la propria convinzione).
Ritorniamo
al “mondo magnifico”!
Quando
inizio a scrivere un racconto o un romanzo, il lavoro viene preceduto da
ricerche e stesura schede dei personaggi, ma dopo, quando la strada è imboccata,
che cosa devo scrivere? O, per essere più chiari, come procedo con la storia?
Non lo so. Mai.
Mi siedo alla tastiera o davanti a un foglio di carta, specialmente in certi
luoghi particolarmente interessanti (e di questo parlerò prossimamente), con questo metodo: respiro, preparo l’occorrente, rileggo l’ultimo pezzo e
aspetto. Sì, di collegarmi al serbatoio interno di idee e frasi straordinarie.
Ed ecco, ogni volta, il miracolo. Tutto fluisce in modo spontaneo e questo è ciò che io definisco “evocazione”. C’è già tutto dentro di
me, devo soltanto recuperarlo.
Ma, io, ho dentro tanto? E soprattutto, è infinito? Da parte mia c'è un contributo: arricchisco quel mondo interiore affinché l’immaginazione abbia terreno fertile a cui
attingere. Leggo, viaggio, mi tuffo nelle riviste di arredamento, visito musei
e mostre d’arte.
Per
finire mi chiedo, e chiedo a voi, si
raccoglie anche dall’inconscio collettivo di Jung, dove risiedono le conoscenze
universali?
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