Pordenone legge. Io
guardo.
Scorro i titoli e viaggio.
Dentro di me e fuori, nel mondo. Ogni dorso mi viene incontro, vuole farsi
vedere, conoscere, acquistare. Spesso mi sento stretta in un abbraccio che
talvolta mi stritola a causa della mia incapacità di considerare ogni cosa,
ogni argomento, ogni branca del sapere.
Copertine che ammiccano,
che cercano di far rallentare lo sguardo. Le accarezzo, bevo e mangio i titoli,
li assorbo. Fra mille pensieri che si rincorrono si insinua un esercizio che ho
trovato ne “L’arte della magia” di Phyllis Curott mentre lo consultavo per il
mio nuovo libro. Nel capitolo sulla divinazione si trova “L’angelo della
biblioteca” ovvero come avere risposte consultando i titoli dei libri e
lasciandosi guidare dall’istinto. Così passeggio e butto l’occhio su alcuni
titoli ignorandone altri: La parola magica, Lascia dire alle ombre, Notte di
stelle, A casa di Jane Austen, La stanza delle meraviglie. Confinano, al loro
interno, argomenti che da sempre mi affascinano: scrittura, magia, energia in
tutte le ramificazioni che può prendere, supportare, sopportare. Alla fine ho
acquistato. Il piacere della lettura di Proust. Ricordi, sogni, riflessioni di
Jung. La vita di Irène Némirovsky di Philipponnat e Lienhardt. Le consolazioni
della filosofia e L’arte di viaggiare di De Botton.
Inseriti tutti in una
borsa, ho vagliato l’ampia offerta di incontri con autori e ho scelto. Mi sono
avvicinata al tendone per l’immancabile fila, ho ascoltato (per correttezza,
per come è andata a finire, non scrivo il nome dei relatori) e dopo dieci
minuti ho decretato: “Basta!” Mi sono sentita in overdose, da tutti i tipi di
informazione, dai giornali alla televisione. Adesso ho bisogno di decelerare: leggo
libri che mi fanno rilassare (forse questo pensiero avrebbe dovuto arrivare
prima dei miei acquisiti?) e scrivo, perché, per me, è giunto il momento di
buttar fuori tutto ciò che ho incorporato in anni di studio.
Quindi ecco l’articolo
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